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Audiodescrizioni

Dalla teoria alla pratica: è questo il filo conduttore delle tre giornate formative dedicate al tema delle audio descrizioni con Gian Maria Greco dell’Università Autonoma di Barcellona, Valentina Terlizzi di Poiesis e Grazia Maria Signore dell’Università del Salento. Un lungo viaggio che parte dalla storia, le definizioni e le indicazioni teoriche alla base delle audio descrizioni e nello specifico delle guide descrittive, passando da quelle realizzate al Musa – Museo Storico Universitario dell’Università del Salento, fino alla produzione partecipata di quella del Rosone di Santa Croce.

Ad aprire il seminario, Gian Maria Greco, Marie Skłodowska-Curie Fellow presso l’Università Autonoma di Barcellona e responsabile scientifico del progetto che ha inquadrato con cura e precisione l’intero argomento.

Gian Maria Greco in piedi spiega il funzionamento delle audio descrizioni. Davanti a lui, ripresi di spalle, alcuni dei partecipanti al workshop, seduti

Primo punto: di cosa parliamo davvero? L’audio descrizione è collegata a quell’ambito della produzione televisiva che si chiama Media Accessibility, definita dallo stesso Greco “l’insieme di teorie, pratiche, servizi, tecnologie e strumenti volti a garantire l’accesso a prodotti, servizi e ambienti mediali e tecnologici per persone che non possono, o non possono pienamente, accedervi nella loro forma originaria”.
Nonostante i tanti dibattiti sul tema, l’audio descrizione è riferibile alla sola produzione filmica ma non può definirsi puramente una traduzione. Quella televisiva, infatti, nasce negli anni ’70 in Francia ma la disciplina accademica legata all’accessibilità è nuova e ancora in movimento perché ha non più di 20 anni.
Nel percorso di definizione dell’audio descrizione, sono state fornite diverse chiavi di lettura per dare forma a un concetto nuovo. Secondo la Coalizione americana, l’audio descrizione usa le pause naturali nel dialogo e nella narrazione per fornire descrizioni dell’informazione visiva essenziale. Una definizione, questa, che apre a diversi dubbi, considerando che nel film, ad esempio, le pause naturali non esistono perché è un prodotto totalmente artificiale. Ad aggiungere un ulteriore tassello nella definizione del tema, la definizione della britannica Royal National Institute for the Blind People secondo cui “l’audio descrizione fornisce informazioni su cose che una persona potrebbe non essere in grado di vedere, e dire che quella persona ‘può continuare a seguire l’azione’ basata sulle immagini del materiale originario”. Una definizione mutata nel tempo con “un commento che descrive il linguaggio del corpo, espressioni facciali e movimenti, rendendo il prodotto comprensibile attraverso il sonoro”. Questo permette di estendere la sua applicazione anche ai prodotti che non siano solo film, come nel caso del fumetto dove il sonoro è assente.

Uno dei partecipanti al workshop ripreso di spalle mentre prende appunti

Pietra miliare dell’intero discorso, le linee guida sulle audio descrizioni stilate nell’ambito del progetto Adlab che ha come capofila l’Università di Trieste. Dopo una lunga sperimentazione sul film già multilingue “Inglourious Basterds” di Tarantino, Adlab ha definito l’audio descrizione “un servizio per persone cieche o con disabilità visive che rende i media e le arti visive accessibili a questo specifico target. Offre una descrizione verbale delle componenti visive rilevanti di un prodotto mediale o di un’opera d’arte, così che le persone con disabilità visive possano pienamente comprendere la sua forma e contenuto”.
Nel suo viaggio lungo la definizione del significato di questo utilissimo strumento, Greco ha sottolineato un fil rouge comune: il target. In ogni caso, infatti, quello principale è costituito da persone con disabilità visive. L’audio descrizione, però, è un utilissimo strumento anche per le persone anziane e per potenziare l’apprendimento, in particolare quello linguistico. Target secondari, forse, ma che intrecciano il vero senso dell’accessibilità. La popolazione europea, infatti, sta invecchiando e questo significa molto semplicemente un aumento di persone con difficoltà nel vedere, sentire e camminare. Una società inclusiva viene incontro alle necessità di tutti e per questo motivo il target di riferimento è in continua espansione.
Secondo Greco, infatti, “l’accessibilità non è un diritto umano specifico per le persone con disabilità ma è uno strumento per il raggiungimento e l’attuazione dei diritti umani di tutti, soprattutto di quelle persone che sono a rischio di esclusione sociale, come le persone con disabilità, ma anche gli anziani, i migranti, le minoranze linguistiche”. Un tema strettamente legato, quindi, a quello dei diritti umani, così come ribadito anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dalla Banca Mondiale e dalla Commissione Europea. Ed è proprio in quest’ottica che è importante comprendere che l’accessibilità è un vero e proprio processo. Secondo il Rapporto Mondiale sulla disabilità, infatti, è “il grado in cui un ambiente, un servizio, o un prodotto permette l’accesso a quante più persone possibili, in particolare alle persone con disabilità”.

Durante la lunga carrellata di Greco, si è parlato anche di traduzione audiovisiva, definita da Perego come il “trasferimento del significato globale di un testo multimodale (o meglio, di una parte di esso) in un testo nuovo equivalente”. Punto centrale sono le modalità di trasferimento linguistico che permettono di tradurre i dialoghi originali dei prodotti audiovisivi, in cui si intrecciano il canale acustico e quello visivo, per renderli più accessibili a una platea più ampia. Il film, però, più che un testo è un vero e proprio oggetto multimodale perché utilizza più canali e il film con audio descrizione è proprio un prodotto diverso da quello originale.
Cosa fa parte di questo percorso di traduzione audiovisiva? Di sicuro il doppiaggio, il voice over (voce fuori campo), la sottotitolazione simultanea, la sopratitolazione, la sottotitolazione interlinguistica, quella per sordi e audiolesi e, infine, l’audio descrizione.
Il lavoro fatto per il Rosone di Santa Croce è nello specifico una guida descrittiva che segue le stesse indicazioni di massima dell’audio descrizione ma è un processo più esteso e complesso. Secondo Adlab, infatti, le guide descrittive “includono una varietà di testi che possono essere resi per iscritto o verbalmente, presentati in formato digitale tramite specifico equipaggiamento come le audio guide o fornito da guide umane durante visite o tour presso, ad esempio musei e luoghi di cultura”. La loro funzione è limitata rispetto all’esperienza multisensoriale, è uno strumento che deve integrarsi con il resto della visita o dell’evento per accompagnarlo al meglio. Per questo motivo, non può costituire di per sé l’esperienza perché “le persone visitano i luoghi per interagire con ciò che quei luoghi hanno da offrire e non con il mediatore umano o tecnologico”. In questo modo, le guide descrittive combinano informazioni e dati con una descrizione che deve essere allo stesso tempo accurata, chiara e coinvolgente.
Esistono diverse tipologie di guide descrittive: di spazi aperti o all’aperto come città, parchi, siti d’interesse culturale e archeologico; strutture ed elementi architettonici come palazzi, costruzioni, stanze, luoghi al chiuso; musei, gallerie e contesti espositivi in generale; oggetti tridimensionali e artefatti, come sculture e installazioni; oggetti bidimensionali come dipinti, fotografie e pannelli. Nello specifico, una guida descrittiva serve a fornire istruzioni su come usare qualcosa (l’audio guida), su come esplorare qualcosa (una mappa tattile, una riproduzione) o su come muoversi ed esplorare uno spazio.
Da considerare, la posizione dell’ascoltatore rispetto all’oggetto descritto. Può essere all’interno, vicino o lontano o in uno specifico angolo, posizione o luogo rispetto all’oggetto stesso. Fondamentale anche il contesto che può essere generico, specifico o addirittura assente nella narrazione.
Audio descrizioni e guide descrittive, quindi, sono due strumenti simili ma sostanzialmente diversi. Cambia il tempo e il contesto di riferimento, il tipo di narrazione e il modo di tenere alta l’attenzione dell’utente. Nelle guide descrittive, ad esempio, il “quando” è molto meno importante del “come” e del “cosa” perché nella guida descrittiva c’è un’interazione diversa tra l’oggetto e lo spazio rispetto a un’audio descrizione: nella prima, infatti, è possibile richiedere di compiere azioni o di interagire con lo spazio e l’oggetto.
Ma quali sono le principali regole per realizzare una guida descrittiva?
Innanzitutto è necessario descrivere tutto ciò che si vede evitando il superfluo e ciò che non è rilevante ai fini della narrazione. È fondamentale trovare un giusto equilibrio tra le informazioni fornite e bilanciarne l’organizzazione in modo da dare all’ascoltatore il tempo di elaborare le informazioni.
Per asciugare e rendere bilanciato il testo, è necessario avviare un processo di revisione in cui eliminare ridondanze, ripetizioni, avverbi di modo ecc. La revisione finale, però, deve essere affidata alle persone con disabilità visiva, per verificarne l’efficacia del linguaggio, la chiarezza e la durata. Tra le indicazioni essenziali per la realizzazione di una guida descrittiva, c’è il punto di vista. Il descrittore, infatti, non deve interpretare al posto del fruitore. È indicato, quindi, non usare valutazioni, evitare l’effetto pedagogico e privilegiare una terminologia tecnica appropriata, fornendone sempre una spiegazione.
Tra le indicazioni fornite da Greco, utili indicazioni su quali sono le caratteristiche dell’oggetto da descrivere. Innanzitutto bisogna identificare le informazioni essenziali come nome, data, dimensioni, tipologia, ed evidenziare ciò che lo rende speciale o unico. A partire da questo, è necessario identificare le caratteristiche principali e comunicare se sono permanenti o mutevoli nel tempo. L’ascoltatore potrà così acquisire un’idea del luogo, della dimensione e del contesto, crearsi un’immagine generale, visualizzare dettagli specifici, orientarsi e trovare una specifica direzione e capire come utilizzare un oggetto o come esplorarlo tattilmente.
Altro aspetto da valutare, l’approccio linguistico da scegliere che può variare dalla semplice descrizione dei dati, a quello narrativo con una costruzione di una storia fino a quello interpretativo, con l’utilizzo di effetti sonori, musica e linguaggio marcato per creare suggestioni. Linguaggio chiaro, quindi, chiaro semplice e diretto che non annoi, mai banale, sempre vivido e vario.

In questo viaggio sulle riproduzioni tattili non poteva mancare un riferimento teorico importante, quello del futurista Filippo Tommaso Marinetti. È lui l’autore del “Manifesto sul tattilismo” del 1921, precursore dell’idea che l’arte possa essere apprezzata anche attraverso canali diversi dalla vista, in primo luogo il tatto. Il manifesto nasce da un’esperienza diretta dello stesso Marinetti:

Due immagini affiancate del Rosone di Santa Croce, quella di sinistra con un’inquadratura ripresa da lontano, quella di destra in primo piano
Uno dei particolari del Rosone di Santa Croce in cui si vedono i fiori e gli angioletti

“l’accessibilità non è un diritto umano specifico per le persone con disabilità ma è uno strumento per il raggiungimento e l’attuazione dei diritti umani di tutti, soprattutto di quelle persone che sono a rischio di esclusione sociale, come le persone con disabilità, ma anche gli anziani, i migranti, le minoranze linguistiche”.

All’articolata lezione teorica di Greco è seguita una mattinata insieme a Valentina Terlizzi di Poiesis, per passare dalla teoria alla pratica in modo partecipato. Un laboratorio attivo, quello guidato da Terlizzi, per imparare insieme le tecniche e valutare la complessità della costruzione di una guida descrittiva partendo dall’opera al centro del progetto “Arte per Tutti”: il Rosone di Santa Croce.
Attraverso l’analisi di alcune immagini, infatti, abbiamo simulato la realizzazione della guida, valutandone insieme le tante sfumature presenti. Prerogativa fondamentale di questo processo, il lavoro di squadra con competenze diverse. È necessaria in questo caso, infatti, la presenza di uno storico dell’arte, un esperto di accessibilità e la validazione degli utenti finali, in particolare le persone con disabilità visive. Sono loro, infatti, che dovranno dare un giudizio definitivo al prodotto finale.

La giornata laboratoriale si è conclusa con un’esperienza tattile accompagnata da guida descrittiva di alcuni pezzi, solitamente chiusi nelle teche, presenti nel Musa – Museo Storico Archeologico dell’Università del Salento, grazie alla guida di Grazia Maria Signore.

Dalla teoria alla pratica, quindi, per offrire tecniche, indicazioni e spunti utili alla realizzazione di audio descrizioni e guide descrittive di qualità.

Da sinistra Gian Maria Greco, Valentina Terlizzi e Grazia Maria Signore in piedi accanto al totem di Arte per Tutti
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